Ecografie 3D tridimensionali

Ecografie 3D tridimensionali

1 Settembre, 2007

IL RUOLO DELL’ECOGRAFIA TRIDIMENSIONALE E QUADRIDIMENSIONALE NELLA PRATICA OSTETRICA

Nonostante che la ultrasonografia tradizionale si basi su immagini bidimensionali, gli ecografisti hanno da sempre utilizzato una ricostruzione tridimensionale dell’immagine stessa: anche se le rappresentazioni ecografiche vengono acquisite in due dimensioni, l’interpretazione delle relazioni anatomiche è comunque un processo tridimensionale. La ricostruzione spaziale era fino ad ora affidata al cervello dell’operatore. Il processo mentale di ricostruzione della terza dimensione non è però un processo facile e dipende dall’abilità e dalla preparazione individuali. Non sorprende quindi il fatto che ci possa essere una profonda disparità nell’accuratezza dell’ecografia nel riconoscimento delle anomalie congenite.
L’idea di utilizzare in ostetricia uno strumento tridimensionale è nata dal desiderio di sostituire la ricostruzione mentale della terza dimensione con l’attuale visualizzazione delle strutture anatomiche nello spazio.
Fra i benefici dell’ecografia tridimensionale sono da sottolineare:

  • La possibilità di rivedere un volume acquisito in modo interattivo anche dopo che la paziente ha terminato la seduta
  • La possibilità di utilizzare diversi piani di sezione, differenti da quello di acquisizione,  per la valutazione delle strutture anatomiche
  • La possibilità di ruotare il volume acquisito in modo da studiare le strutture anatomiche sotto diverse prospettive
  • La disponibilità di differenti modi di visualizzazione (rendering) che consentono di vedere diverse caratteristiche della medesima struttura (ad esempio un’unica acquisizione della schiena fetale permette di visualizzare l’aspetto esterno di un meningocele   in surface mode o l’atteggiamento delle strutture vertebrali sottostanti in maximum intensity mode)
  • La possibilità di trasferire i dati a centri specializzati per un riesame, senza necessità di far spostare la paziente

Basterebbe questo per affermare che l’ecografia tridimensionale ha il potenziale per essere considerata un progresso negli strumenti ecografici. Concettualmente l’acquisizione di volumi sonografici anziché di una singola slice ci fornisce lo strumento per visualizzare le informazioni in tutti i piani ed in tutti gli orientamenti. In particolare l’eco 3D fornisce informazioni diagnostiche aggiuntive sulle anomalie facciali, in particolare sui difetti del labbro, sui difetti del tubo neurale (spina bifida o agenesia del corpo calloso) e sulle malformazioni scheletriche (piede torto). E’ comunque opportuno che lo specialista acquisisca prima con la tecnologia classica tutti gli elementi biometrici e morfologici del feto. L’esame tridimensionale si propone come ausilio e completamento di quello bidimensionale , per dirimere gli eventuali dubbi o confermare i sospetti diagnostici. Quando invece l’esame viene richiesto dalle coppie con l’unico obiettivo di “vedere” il proprio bambino è assolutamente necessario che l’ecografista precisi e sottolinei prima in modo chiaro i limiti della metodica: esiste la possibilità di non ottenere immagini accattivanti. La spettacolarità dell’esame dipende fortemente dall’ecogenicità dei tessuti materni, come per tutte le altre ecografie, e dalla posizione fetale che non sempre si modifica in modo favorevole all’operatore nel corso dell’esame stesso.

Ricordiamo che: “La possibilità di rilevare un’anomalia maggiore dipende dalla sua entità, dalla posizione del feto in utero, dalla quantità di liquido amniotico e dallo spessore della parete addominale materna; perciò è possibile che talune anomalie fetali possano non essere rilevate all’esame ecografico. Inoltre alcune malformazioni si manifestano tardivamente (al 7°- 9° mese) e perciò non sono visualizzabili in esami precoci. L’esperienza finora acquisita suggerisce che un esame ecografico routinario, non mirato, consente di identificare dal 30 al 70% delle malformazioni maggiori. Non è compito dell’ecografia la rilevazione delle cosiddette anomalie minori”.
LINEE GUIDA SIEOG (Società Italiana di Ecografia Ostetrica e Ginecologica) Edizione 2006

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